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giovedì 27 settembre 2012

La Liturgia, scuola di preghiera


Il Santo Padre benedetto XVI, ieri, all'udienza del mercoledì, ha esposto una magnifica catechesi su un tema a lui molto caro: la Liturgia, vera scuola di preghiera.

Ecco il testo completo della catechesi:

La Liturgia, scuola di preghiera: il Signore stesso ci insegna a pregare

Cari fratelli e sorelle,


in questi mesi abbiamo compiuto un cammino alla luce della Parola di Dio, per imparare a pregare in modo sempre più autentico guardando ad alcune grandi figure dell’Antico Testamento, ai Salmi, alle Lettere di san Paolo e all’Apocalisse, ma soprattutto guardando all’esperienza unica e fondamentale di Gesù, nel suo rapporto con il Padre celeste. In realtà, solo in Cristo l’uomo è reso capace di unirsi a Dio con la profondità e la intimità di un figlio nei confronti di un padre che lo ama, solo in Lui noi possiamo rivolgerci in tutta verità a Dio chiamandolo con affetto “Abbà! Padre!”. Come gli Apostoli, anche noi abbiamo ripetuto in queste settimane e ripetiamo a Gesù oggi: «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1).
Inoltre, per apprendere a vivere ancora più intensamente la relazione personale con Dio abbiamo imparato a invocare lo Spirito Santo, primo dono del Risorto ai credenti, perché è Lui che «viene in aiuto alla nostra debolezza: da noi non sappiamo come pregare in modo conveniente» (Rm 8,26), dice san Paolo, e noi sappiamo come abbia ragione.
A questo punto, dopo una lunga serie di catechesi sulla preghiera nella Scrittura, possiamo domandarci: come posso io lasciarmi formare dallo Spirito Santo e così divenire capace di entrare nell'atmosfera di Dio, di pregare con Dio? Qual è questa scuola nella quale Egli mi insegna a pregare, viene in aiuto alla mia fatica di rivolgermi in modo giusto a Dio? La prima scuola per la preghiera - lo abbiamo visto in queste settimane - è la Parola di Dio, la Sacra Scrittura. La Sacra Scrittura è un permanente dialogo tra Dio e l'uomo, un dialogo progressivo nel quale Dio si mostra sempre più vicino, nel quale possiamo conoscere sempre meglio il suo volto, la sua voce, il suo essere; e l'uomo impara ad accettare di conoscere Dio, a parlare con Dio. Quindi, in queste settimane, leggendo la Sacra Scrittura, abbiamo cercato, dalla Scrittura, da questo dialogo permanente, di imparare come possiamo entrare in contatto con Dio.
C’è ancora un altro prezioso «spazio», un’altra preziosa «fonte» per crescere nella preghiera, una sorgente di acqua viva in strettissima relazione con la precedente. Mi riferisco alla liturgia, che è un ambito privilegiato nel quale Dio parla a ciascuno di noi, qui ed ora, e attende la nostra risposta.
Che cos’è la liturgia? Se apriamo il Catechismo della Chiesa Cattolica - sussidio sempre prezioso, direi indispensabile – possiamo leggere che originariamente la parola «liturgia» significa «servizio da parte del popolo e in favore del popolo» (n. 1069). Se la teologia cristiana prese questo vocabolo del mondo greco, lo fece ovviamente pensando al nuovo Popolo di Dio nato da Cristo che ha aperto le sue braccia sulla Croce per unire gli uomini nella pace dell’unico Dio. «Servizio in favore del popolo», un popolo che non esiste da sé, ma che si è formato grazie al Mistero Pasquale di Gesù Cristo. Di fatto, il Popolo di Dio non esiste per legami di sangue, di territorio, di nazione, ma nasce sempre dall’opera del Figlio di Dio e dalla comunione con il Padre che Egli ci ottiene.
Il Catechismo indica inoltre che «nella tradizione cristiana (la parola “liturgia”) vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all’opera di Dio» (n. 1069), perché il popolo di Dio come tale esiste solo per opera di Dio.
Questo ce lo ha ricordato lo sviluppo stesso del Concilio Vaticano II, che iniziò i suoi lavori, cinquant’anni orsono, con la discussione dello schema sulla sacra liturgia, approvato poi solennemente il 4 dicembre del 1963, il primo testo approvato dal Concilio. Che il documento sulla liturgia fosse il primo risultato dell’assemblea conciliare forse fu ritenuto da alcuni un caso. Tra tanti progetti, il testo sulla sacra liturgia sembrò essere quello meno controverso, e, proprio per questo, capace di costituire come una specie di esercizio per apprendere la metodologia del lavoro conciliare. Ma senza alcun dubbio, ciò che a prima vista può sembrare un caso, si è dimostrata la scelta più giusta, anche a partire dalla gerarchia dei temi e dei compiti più importanti della Chiesa. Iniziando, infatti, con il tema della «liturgia» il Concilio mise in luce in modo molto chiaro il primato di Dio, la sua priorità assoluta. Prima di tutto Dio: proprio questo ci dice la scelta conciliare di partire dalla liturgia. Dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento. Il criterio fondamentale per la liturgia è il suo orientamento a Dio, per poter così partecipare alla sua stessa opera.
Però possiamo chiederci: qual è questa opera di Dio alla quale siamo chiamati a partecipare? La risposta che ci offre la Costituzione conciliare sulla sacra liturgia è apparentemente doppia. Al numero 5 ci indica, infatti, che l’opera di Dio sono le sue azioni storiche che ci portano la salvezza, culminate nella Morte e Risurrezione di Gesù Cristo; ma al numero 7 la stessa Costituzione definisce proprio la celebrazione della liturgia come «opera di Cristo». In realtà questi due significati sono inseparabilmente legati. Se ci chiediamo chi salva il mondo e l’uomo, l’unica risposta è: Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, crocifisso e risorto. E dove si rende attuale per noi, per me oggi il Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo, che porta la salvezza? La risposta è: nell’azione di Cristo attraverso la Chiesa, nella liturgia, in particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, che rende presente l’offerta sacrificale del Figlio di Dio, che ci ha redenti; nel Sacramento della Riconciliazione, in cui si passa dalla morte del peccato alla vita nuova; e negli altri atti sacramentali che ci santificano (cfr Presbyterorum ordinis, 5). Così, il Mistero Pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo è il centro della teologia liturgica del Concilio.
Facciamo un altro passo in avanti e chiediamoci: in che modo si rende possibile questa attualizzazione del Mistero Pasquale di Cristo? Il beato Papa Giovanni Paolo II, a 25 anni dalla Costituzione Sacrosanctum Conciliumscrisse: «Per attualizzare il suo Mistero Pasquale, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nelle azioni liturgiche. La liturgia è, di conseguenza, il luogo privilegiato dell’incontro dei cristiani con Dio e con colui che Egli inviò, Gesù Cristo (cfr Gv17,3)» (Vicesimus quintus annus, n. 7). Sulla stessa linea, leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica così: «Ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole» (n. 1153). Pertanto la prima esigenza per una buona celebrazione liturgica è che sia preghiera, colloquio con Dio, anzitutto ascolto e quindi risposta. San Benedetto, nella sua «Regola», parlando della preghiera dei Salmi, indica ai monaci: mens concordet voci, « la mente concordi con la voce». Il Santo insegna che nella preghiera dei Salmi le parole devono precedere la nostra mente. Abitualmente non avviene così, prima dobbiamo pensare e poi quanto abbiamo pensato si converte in parola. Qui invece, nella liturgia, è l'inverso, la parola precede. Dio ci ha dato la parola e la sacra liturgia ci offre le parole; noi dobbiamo entrare all'interno delle parole, nel loro significato, accoglierle in noi, metterci noi in sintonia con queste parole; così diventiamo figli di Dio, simili a Dio. Come ricorda la Sacrosanctum Concilium, per assicurare la piena efficacia della celebrazione «è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione di animo, pongano la propria anima in consonanza con la propria voce e collaborino con la divina grazia per non riceverla invano» (n. 11). Elemento fondamentale, primario, del dialogo con Dio nella liturgia, è la concordanza tra ciò che diciamo con le labbra e ciò che portiamo nel cuore. Entrando nelle parole della grande storia della preghiera noi stessi siamo conformati allo spirito di queste parole e diventiamo capaci di parlare con Dio.
In questa linea, vorrei solo accennare ad uno dei momenti che, durante la stessa liturgia, ci chiama e ci aiuta a trovare tale concordanza, questo conformarci a ciò che ascoltiamo, diciamo e facciamo nella celebrazione della liturgia. Mi riferisco all’invito che formula il Celebrante prima della Preghiera Eucaristica: «Sursum corda», innalziamo i nostri cuori al di fuori del groviglio delle nostre preoccupazioni, dei nostri desideri, delle nostre angustie, della nostra distrazione. Il nostro cuore, l’intimo di noi stessi, deve aprirsi docilmente alla Parola di Dio e raccogliersi nella preghiera della Chiesa, per ricevere il suo orientamento verso Dio dalle parole stesse che ascolta e dice. Lo sguardo del cuore deve dirigersi al Signore, che sta in mezzo a noi: è una disposizione fondamentale.
Quando viviamo la liturgia con questo atteggiamento di fondo, il nostro cuore è come sottratto alla forza di gravità, che lo attrae verso il basso, e si leva interiormente verso l’alto, verso la verità, verso l’amore, verso Dio. Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La missione di Cristo e dello Spirito Santo che, nella Liturgia sacramentale della Chiesa, annunzia, attualizza e comunica il Mistero della salvezza, prosegue nel cuore che prega. I Padri della vita spirituale talvolta paragonano il cuore a un altare» (n. 2655): altare Dei est cor nostrum.
Cari amici, celebriamo e viviamo bene la liturgia solo se rimaniamo in atteggiamento orante, non se vogliamo “fare qualcosa”, farci vedere o agire, ma se orientiamo il nostro cuore a Dio e stiamo in atteggiamento di preghiera unendoci al Mistero di Cristo e al suo colloquio di Figlio con il Padre. Dio stesso ci insegna a pregare, afferma san Paolo (cfr Rm 8,26). Egli stesso ci ha dato le parole adeguate per dirigerci a Lui, parole che incontriamo nel Salterio, nelle grandi orazioni della sacra liturgia e nella stessa Celebrazione eucaristica. Preghiamo il Signore di essere ogni giorno più consapevoli del fatto che la Liturgia è azione di Dio e dell’uomo; preghiera che sgorga dallo Spirito Santo e da noi, interamente rivolta al Padre, in unione con il Figlio di Dio fatto uomo (cfrCatechismo della Chiesa Cattolica, n. 2564). Grazie.

venerdì 21 settembre 2012

A Natale, sotto l'albero, il terzo volume di Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger.


Il Santo Padre Benedetto XVI, durante il suo soggiorno a Castel Gandolfo per il periodo estivo distensivo, ha portato a termine l'opera Gesù di Nazaret, iniziata nel 2007 col libro Gesù di Nazaret, proseguita nel 2011 con Gesù di Nazaret. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla Resurrezione. 

     

Quest'ultima parte dell'opera dell'insigne teologo, dal titolo ancora inedito, prende in esame il Gesù dei Vangeli dell'infanzia, portando a compimento il progetto iniziato nei primi anni del pontificato.
La Libreria Editrice Vaticana ha preso accordi con Rizzoli, pertanto il libro sarà una coedizione LEV-Rizzoli e dovrebbe essere pronto per il prossimo Natale. Un bel regalo da farsi e da far trovare sotto l'albero.

lunedì 17 settembre 2012

Le Stimmate del Serafico Padre Francesco


Oggi la famiglia francescana ricorda l'impressione delle stimmate di san francesco, avvenuta sul monte della Verna nel 1224, un privilegio particolare che il Signore ha voluto concedere al Serafico Padre. Ecco un brano che riporto dalla Legenda minor di San Bonaventura da Bagnoregio. In fondo trovate il video e lo spartito dell'inno Crucis Christi, nello studio del maestro Giovanni Vianini, inno proprio della Liturgia delle Ore, modellato, ritmicamente e musicalmente, sull'inno Crux fidelis di Venenzio Fortunato. Questo "voluto" accostamento intende proporre l'immagine di San Francesco come alter Christus.

 LEZIONE I

Il servitore e ministro veramente fedele di Cristo, Francesco, due anni prima di rendere lo spirito al cielo, incominciò un digiuno di quaranta giorni ad onore dell’arcangelo Michele, nel segreto di un luogo eccelso.
Inondato dall’alto dalla dolcezza celeste della contemplazione con maggior abbondanza del solito e acceso da una più ardente fiamma di celesti desideri, incominciò a sentire con maggior profusione i doni delle divine elargizioni.
L’ardore serafico del desiderio, dunque, lo sopraelevava in Dio e un tenero sentimento di compassione lo trasformava in colui, al quale piacque, per eccesso di carità, di essere crocifisso. Un mattino, all’appressarsi della festa dell’Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide come la figura di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalle sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, giunse, tenendosi librato nella aria, vicino all’uomo di Dio, e allora apparve non soltanto alato, ma anche crocifisso. Aveva le mani e i piedi stesi e confitti sulla croce e le ali disposte, da una parte e dall’altra, in così meravigliosa maniera, che due ne drizzava sopra il capo, due le stendeva per volare e con le due rimanenti avvolgeva e velava tutto il corpo.

LEZIONE II

Ciò vedendo, stupì fortemente e sentì riversarsi nella anima gaudio e dolore: provava in sé un eccesso di letizia all’aspetto cortese di Cristo che gli si mostrava in forma così meravigliosa e pur così familiare, ma la cruda visione dell’affissione alla croce trapassava la sua anima con la spada dolorosa della compassione.
Ammaestrato interiormente da colui che gli si mostrava anche esteriormente, comprese che, certo, l’infermità della passione non si addice in alcuna maniera alla natura immortale e spirituale del serafino; ma che, tuttavia, tale visione era stata offerta ai suoi sguardi per questo scopo: fargli conoscere anticipatamente che lui, l’amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l’incendio dello spirito.
La visione, che scomparve dopo un colloquio arcano e familiare, lo infiammò di ardore serafico nell’interno dell’anima e impresse, all’esterno, come un sigillo, sulla sua carne l’immagine perfettamente somigliante del Crocifisso: come se la potenza divina prima l’avesse fatto liquefare e poi vi avesse stampato il suo sigillo.

LEZIONE III

Subito, nelle sue mani e nei piedi incominciarono ad apparire i segni dei chiodi: le loro capocchie si vedevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi e le punte emergevano dalla parte opposta.
E le capocchie dei chiodi, nelle mani e nei piedi, erano rotonde e nere, mentre le punte erano allungate, piegate all’indietro e ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sopra il resto della carne.
La ribattitura dei chiodi, sotto i piedi, era così prominente e sporgeva tanto all’infuori, che non permetteva di appoggiare liberamente la pianta del piede al suolo.
Inoltre si poteva facilmente far passare un dito dentro l’incurvatura arcuata delle punte stesse, come ho sentito dire io stesso da coloro che avevano osservato con i propri occhi.
Il fianco destro, poi, era come trafitto da una lancia ed era ricoperto da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sacro sangue e cospargeva abbondantemente la tonaca e le mutande. Tanto che quando poi i suoi compagni, a tempo opportuno, le lavavano, potevano costatate senza alcun dubbio che il servitore di Cristo portava impressa visibilmente l’immagine rassomigliante del Crocifisso anche nel costato, così come nelle mani e nei piedi.


E qui lo spartito:




sabato 15 settembre 2012

venerdì 14 settembre 2012

Crucem tuam adoramus Domine


Oggi la Chiesa celebra la festa dell'Esaltazione della Croce, la grande festa che onora il patibolo di Cristo che da mezzo di morte è divenuto albero di vita fecondo, da oggetto di morte a mezzo di vita, da ignominioso mezzo di tortura a vessillo glorioso del Re dei secoli. La festa fu istituita per commemorare il ritrovamento della Croce, per mano di Sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino, a Gerusalemme, sul calvario, ma, col passare del tempo questo evento fu ricordato in un'altra festa dedicata alla Santa Croce: l'Invenzione = ritrovamento, celebrata il 3 maggio. La festa dell'Invenzione fu soppressa, a causa della scarsa fondatezza storica, da papa Giovanni XXIII, con la pubblicazione del nuovo Messale Romano (1962).

Eccovi un brano desunto dalla Storia della Chiesa, di San Rufino:

In quel medesimo tempo Elena, madre di Costantino, donna incomparabile 
per fede, per sincerità di religione e per singolare magnificenza, della quale 
a buon diritto Costantino era figlio, e tale era creduto, ammon
ita da visioni
divine, si recò a Gerusalemme ed ivi fece ricercare dagli abitanti della città il
luogo dove il sacro corpo di Cristo, confitto in croce, era stato appeso. Ma era
difficile individuare quel luogo, poiché in quello stesso posto era stata eretta
dagli antichi persecutori della Chiesa una statua di Venere a questo preciso
scopo: se qualcuno dei cristiani avesse voluto adorare Cristo in quel posto,
doveva sembrare che intendesse adorare Venere. Così ne seguì che quel luogo
non fu più frequentato e finì per essere quasi dimenticato. Non appena però,
come abbiamo accennato, quella donna così religiosa si affrettò a portarsi
in questo luogo a lei indicato per indizio del cielo, lo fece ripulire da tutto
quello che vi si trovava di profano e di lordo, e dopo aver rimosso i ruderi in
profondità, rinvenne tre croci riposte in ordine sparso.                                                                                                 Ma la somiglianza di ciascuna croce, senza precise differenze, diminuì la gioia del ritrovamento di
quel tesoro. Vi si trovava comunque anche il titolo scritto da Pilato in lettere
greche, latine ed ebraiche; anche questo però non offriva garanzie sufficienti
per individuare il patibolo del Signore. La stessa incertezza sorta da quella
situazione ambigua esigeva ormai un intervento divino. Avvenne che nella
città una donna di rango superiore, colpita da grave malore, giacesse in fin di
vita. In quegli anni il vescovo di Gerusalemme era Macario. Non appena egli
venne a sapere che la regina viveva nell’incertezza come pure tutti coloro che
l’accompagnavano, esclamò: “Portate qui tutte le croci che sono state trovate:
sarà Dio a indicare quale fu la croce che sostenne Dio!” E così, entrato assieme
alla regina e assieme alla gente presso colei che giaceva quasi senza vita, posti
i ginocchi a terra, rivolse a Dio questa preghiera.
“Tu, o Signore, che per mezzo del Figlio tuo unigenito ti sei degnato di
concedere, con la passione della croce, la salvezza a tutta l’umanità, e ora, in
questi ultimi tempi, hai ispirato nel cuore della tua serva di andare in cerca del
legno beato nel quale venne sospesa la nostra salvezza, mostra chiaramente
quale, fra queste tre croci, fu quella destinata alla gloria del Signore, e quali
quelle che servirono al supplizio degli schiavi, in modo che questa donna, la
quale qui giace prossima alla morte, non appena avrà toccato il legno della
salute, sia richiamata dalle soglie della morte alla vita”. Pronunciate queste
parole, prese dapprima e applicò una delle tre croci, ma non ottenne alcun
risultato. Allora applicò la seconda, ma neppure questa volta si ebbe qualche
effetto. Non appena però avvicinò la terza, aperti improvvisamente gli occhi,
la donna si alzò dal letto: ripresa ormai tutta la stabilità delle sue forze, e molto
più vivace di quanto non lo era mai stata quando era sana, ella prese ad aggirarsi
per tutta la casa e a magnificare la potenza di Dio. Così la regina, raggiunto
il suo fine attraverso una rivelazione così manifesta, con trionfo sovrano fece
costruire un tempio meraviglioso in quel luogo stesso nel quale aveva trovato
la croce. Portò al figlio anche i chiodi con i quali il corpo del Signore era stato
affisso. Di alcuni di questi egli compose i freni di cui si sarebbe servito in caso
di guerra, e degli altri si dice che ornasse il suo elmo, pur sempre destinato a
fini bellici. Quanto al legno stesso della nostra salvezza, una parte ella recò
al figlio e parte fu da lei fatta ricoprire con involucro d’argento e lasciata sul
posto, e questa, ancora oggi, viene custodita a perenne ricordo e come oggetto
di assidua venerazione.

lunedì 10 settembre 2012

La liturgia e l'inizio della scuola


Cosa centra la liturgia con la scuola ?

Beh ! Direi che non vi è ambito della vita dell'uomo che sia esente dalla liturgia e anche la scuola non fa eccezione, infatti il Benedizionale, ai numeri 206-225  riporta una speciale benedizione da impartire all'inizio dell'anno scolastico, un formulario che invito a scoprire o riscoprire. Chiedete ai vostri parroci di celebrare questa benedizione.


05 - BENEDIZIONEDEGLI ALUNNI E INSEGNANTI
ALL'INIZIO
DELL'ANNO SCOLASTICO
Premesse
206. L'apertura dell'anno scolastico, come ogni altro inizio, ha per la comunità parrocchiale e la comunità educante - famiglie, alunni, insegnanti, personale direttivo e ausiliario - la trepidazione e il fascino dell'attesa.
La vita di una scuola lungo l'arco di un anno è intessuta di tanti episodi o situazioni, che sono altrettanti segni da interpretare e vivere intensamente: momenti comuni di gioia o dolore, di accoglienza, saluto o congedo.
In particolare l'ingresso nella scuola è per il bambino un momento importante. I genitori devono diventare sempre più consapevoli del compito che hanno assunto al momento della nascita e del Battesimo.
207. Il credente sa, attraverso la grande tradizione biblica, che la promessa viene garantita e attuata tramite la benedizione divina. Anche un anno scolastico che muove i primi passi è un umile. «In principio...» in cui ancora una volta Dio manifesta le cose meravigliose che intende compiere incontrando la buona volontà di tutte le persone chiamate ad animare la scuola.
Di tutto questo è segno la benedizione che sale a Dio e da lui discende su ogni realtà umana.
208. Il rito qui proposto può essere usato dal sacerdote e dal diacono o anche da un laico, specialmente se catechista e responsabile dell'educazione degli alunni; in questo caso i testi delle preghiere sono quelli previsti per i laici stessi.209. Nel rispetto della struttura del rito e dei suoi elementi essenziali, si potranno adattare le singole parti alle circostanze di persone e di luoghi.
E' opportuno tenere presenti anche i testi proposti al Cap. XXV, Benedizione per una scuola o Università degli studi, p. 350 e per la benedizione dei bambini che per la prima volta iniziano la scuola il Cap. XV, p 236. La celebrazione si potrà svolgere in un solo gruppo o con più gruppi insieme, in chiesa o fuori dl chiesa. Per l'eventuale celebrazione della Messa in circostanze particolari vedi le indicazioni date ai nn. 837 e 854-860.
Rito della benedizione

INIZIO
210. 
Quando tutti sono riuniti, si esegue un canto adatto o si fa una pausa di raccoglimento. Poi tutti si fanno il segno della croce, mentre il ministro dice:
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
R. Amen.
SALUTO
211. 
Il ministro, se sacerdote o diacono, saluta i presenti con le seguenti parole o altre adatte, tratte di preferenza dalla Sacra Scrittura:
Dio, fonte di sapienza,
il Verbo fatto uomo, Cristo Signore,
e lo Spirito di verità sia con tutti voi.
R. E con il tuo spirito.
o in un altro modo adatto. 
_____________________________________________________
212. 
Se il ministro è un laico, saluta i presenti dicendo:
Fratelli e sorelle,
lodiamo e ringraziamo Dio, fonte di sapienza,
il Verbo fatto uomo, Cristo Signore,
e lo Spirito di verità.
R.Benedetto nei secoli il Signore.
_____________________________________________________
MONIZIONE INTRODUTTIVA
213. 
Il ministro, o un'altra persona idonea, introduce il rito di benedizione con queste parole o altre simili:
Gesù è il maestro dell'umanità. In lui ogni educatore trova un punto di riferimento esemplare.
Insegnanti e alunni sono chiamati a guardare a Gesù, che cresce in sapienza, età e grazia, e nel tempio di Gerusalemme stupisce i dottori della legge per la profondità delle sue domande e del suo ascolto.
Egli dunque ha un dono e una parola per tutti nel momento in cui la scuola riapre i battenti.
Chi si propone di saldare la scuola e la vita, i valori dell' umanesimo cristiano e le nuove acquisizioni della scienza e della tecnica, non può non invocare lo Spirito del Signore, sorgente di grazia e di luce.

LETTURA DELLA PAROLA DI DIO
214. 
Un lettore o uno dei presenti legge uno dei seguenti testi della Sacra Scrittura:
Lc 2,41-50 Gesù fra i dottori.

Ascoltate la parola del Signore dal Vangelo secondo Luca
I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero le sue parole.

215. 
Oppure (per esteso vedi a p. 868 ss.):
Dt 5,32-33Camminate in tutto e per tutto nella via del Signore.

Dt 30, 15-20 La scelta tra la vita e la morte.

Pro 4,7-15. 18-22 
La scuola della sapienza.

Mt 6,7-13 
Dio è nostro Padre.

Mt 25, 14-29 
Andò subito a impegnarli e ne guadagnò altri cinque.

Lc 14,28-30. 34-35 
Un edificio da portare a termine.

RESPONSORIO216. Secondo l'opportunità si può cantare o recitare un salmo responsoriale (per esteso vedi p. 987 ss.) o eseguire un altro canto adatto.
Sal 1,1-2 3 4.6
R.
 Beato chi spera nel Signore.Sal 18 (19), 8 9 10.12
R.
 Luce gioiosa, Signore, è la tua parola.Sal 138 (139), 1-3 14 23-24
R. 
Guidami, Signore, sulla via della vita.Sal 142, 1 8
R.
 Insegnami, Signore, la tua via.
BREVE ESORTAZIONE
217. 
Secondo l'opportunità, il ministro rivolge brevi parole al presenti, illustrando la lettura biblica, perché percepiscano il significato della celebrazione.

Breve silenzio.


PREGHIERA DEI FEDELI

218. 
Segue la preghiera comune. Tra le invocazioni proposte, si possono scegliere alcune ritenute più adatte, o aggiungerne altre in sintonia con particolari situazioni di persone o necessità del momento.

All'inizio del nuovo anno scolastico, invochiamo Dio nostro Padre per intercessione di Maria, sede della sapienza, perché illumini e sostenga tutti i membri della comunità educante in uno spirito di generosa solidarietà.R. Guidaci con il tuo Spirito, Signore.

Per gli insegnanti,
perché unendo la saldezza della fede all'apertura culturale
sappiano essere guide illuminanti
delle generazioni che salgono verso un mondo nuovo, preghiamo. 
R.

Per gli alunni,
perché impegnandosi quotidianamente
nei laboratori del sapere
si attrezzino per affrontare il collaudo
della vita familiare e sociale
e creino le premesse per un solido avvenire,
preghiamo. 
R.

Per i dirigenti della scuola e i loro collaboratori,
perché abbiano la gioia di raccogliere il frutto
di una paziente semina a servizio dei giovani, preghiamo. 
R.

Per i fanciulli
che per la prima volta entrano nella scuola,
perché fin dal primo giorno
possano trovarsi in un clima idoneo
a sviluppare i loro doni
di intelligenza e di cuore, preghiamo. 
R.

Per i ragazzi di ogni lingua e colore,
perché si tendano la mano
al fine di promuovere un modo più armonioso e fraterno
di abitare la terra, preghiamo. 
R.

Per le famiglie, la comunità di fede, l'intera società,
perché sperimentino giorno per giorno i benèfici effetti
di una collaborazione aperta e responsabile
per il bene dei propri figli, preghiamo. 
R.

219. 
Quando si omettono le invocazioni sopra indicate, prima della formula di benedizione, il ministro dice:
Preghiamo.
Tutti pregano per qualche momento in silenzio.

_____________________________________________________
Segue la preghiera del Signore:Padre nostro.
PREGHIERA DI BENEDIZIONE
220. 
Il ministro, con le braccia allargate se sacerdote o diacono con le mani giunte se laico, pronuncia la preghiera di benedizione:
Padre della luce,
fa' di noi, alunni e docenti,
i discepoli di quella sapienza
che ha come libro, cattedra e maestro
il Cristo tuo Figlio;
assisti e proteggi tutti i membri della comunità educante
e rendi fecondo ogni sforzo sincero,
perché le nuove generazioni
siano promosse nella scuola e nella vita;
aiutaci a dare un valido contributo
all'edificazione della civiltà dell'amore
a lode e gloria del tuo nome.

Per Cristo nostro Signore.

R. Amen.
 _____________________________________________________
PER I BAMBINI CHE INIZIANO
PER LA PRIMA VOLTA LA SCUOLA


221. 
Dopo la preghiera di benedizione, i genitori, o un altro familiare, conducono i bambini dal sacerdote o dal diacono che fa loro un segno di croce sulla fronte dicendo queste parole o altre simili: 
Il Signore Gesù ti benedica
e ti custodisca nel suo amore. 

R. Amen.
 _____________________________________________________

CONCLUSIONE

222. 
Il ministro, se sacerdote o diacono, stendendo le mani sugli alunni e sugli insegnanti dice: 

Dio nostro Padre, fonte di ogni bene,
vi colmi dei suoi doni. 

R. Amen.

Cristo, Maestro e Signore,
sia vostra guida nella quotidiana esperienza di vita. 

R. Amen.

Lo Spirito Santo illumini le vostre menti e i vostri cuori
e vi conduca alla verità tutta intera. 

R. Amen.

223. Quindi benedice tutti i presenti dicendo: 

E su voi tutti qui presenti,
scenda la benedizione di Dio onnipotente,
Padre e Figlio 
X 
e Spirito Santo. 
R. Amen.

224. 
Se il ministro è un laico, invoca su tutti i presenti la benedizione di Dio e facendosi il segno di croce dice: 

Il Signore Gesù, maestro di sapienza e di vita
ci benedica e ci custodisca nel suo amore. 

R. Amen. 
_____________________________________________________
225. 
Un canto corale può chiudere la celebrazione. 

mercoledì 5 settembre 2012

Beata Madre Teresa di Calcutta


Oggi la Chiesa celebra la Beata Madre Teresa di Calcutta, un nome che non ha bisogno di presentazioni. Comunque per chi volesse approfondire la sua biografia ecco i cenni biografici che sono stati presentati al Santo Padre Giovanni Paolo II, il giorno della sua beatificazione, avvenuta il 19 ottobre 2003. Il Pontefice, a causa della sua diffusa fama di santità, dispose che il processo per la causa di canonizzazione iniziasse dopo soli due anni dalla morte, contrariamente alla prassi che ne prevede l'avvio dopo cinque anni.

Di seguito troverete anche i testi liturgici propri, in varie lingue.


“ Sono albanese di sangue, indiana di cittadinanza. Per quel che attiene alla mia fede, sono una suora cattolica. Secondo la mia vocazione, appartengo al mondo. Ma per quanto riguarda il mio cuore, appartengo interamente al Cuore di Gesù”.Di conformazione minuta, ma di fede salda quanto la roccia, a Madre Teresa di Calcutta fu affidata la missione di proclamare l’amore assetato di Gesù per l’umanità, specialmente per i più poveri tra i poveri. “Dio ama ancora il mondo e manda me e te affinché siamo il suo amore e la sua compassione verso i poveri”. Era un’anima piena della luce di Cristo, infiammata di amore per Lui e con un solo, ardente desiderio: “saziare la Sua sete di amore e per le anime”. 
Questa luminosa messaggera dell’amore di Dio nacque il 26 agosto 1910 a Skopje, città situata al punto d’incrocio della storia dei Balcani. La più piccola dei cinque figli di Nikola e Drane Bojaxhiu, fu battezzata Gonxha Agnes, ricevette la Prima Comunione all’età di cinque anni e mezzo e fu cresimata nel novembre 1916. Dal giorno della Prima Comunione l’amore per le anime entrò nel suo cuore. L’improvvisa morte del padre, avvenuta quando Agnes aveva circa otto anni, lasciò la famiglia in difficoltà finanziarie. Drane allevò i figli con fermezza e amore, influenzando notevolmente il carattere e la vocazione della figlia. La formazione religiosa di Gonxha fu rafforzata ulteriormente dalla vivace parrocchia gesuita del Sacro Cuore, in cui era attivamente impegnata.
All’età di diciotto anni, mossa dal desiderio di diventare missionaria, Gonxha lasciò la sua casa nel settembre 1928, per entrare nell’Istituto della Beata Vergine Maria, conosciuto come “le Suore di Loreto”, in Irlanda. Lì ricevette il nome di suor Mary Teresa, come Santa Teresa di Lisieux. In dicembre partì per l’India, arrivando a Calcutta il 6 gennaio 1929. Dopo la Professione dei voti temporanei nel maggio 1931, Suor Teresa venne mandata presso la comunità di Loreto a Entally e insegnò nella scuola  per ragazze, St. Mary. Il 24 maggio 1937 suor Teresa fece la Professione dei voti perpetui, divenendo, come lei stessa disse: “la sposa di Gesù” per “tutta l’eternità”. Da quel giorno fu sempre chiamata Madre Teresa. Continuò a insegnare a St. Mary e nel 1944 divenne la direttrice della scuola. Persona di profonda preghiera e amore intenso per le consorelle e per le sue allieve, Madre Teresa trascorse i venti anni della sua vita a “Loreto” con grande felicità. Conosciuta per la sua carità, per la generosità e il coraggio, per la propensione al duro lavoro e per l’attitudine naturale all’organizzazione, visse la sua consacrazione a Gesù, tra le consorelle, con fedeltà e gioia.
Il 10 settembre 1946, durante il viaggio in treno da Calcutta a Darjeeling per il ritiro annuale, Madre Teresa ricevette l’“ispirazione”, la sua “chiamata nella chiamata”. Quel giorno, in che modo non lo raccontò mai, la sete di Gesù per amore e per le anime si impossessò del suo cuore, e il desiderio ardente di saziare la Sua sete divenne il cardine della sua esistenza. Nel corso delle settimane e dei mesi successivi, per mezzo di locuzioni e visioni interiori, Gesù le rivelò il desiderio del suo Cuore per “vittime d’amore” che avrebbero “irradiato il suo amore sulle anime.”Vieni, sii la mia luce”, la pregò. “Non posso andare da solo” Le rivelò la sua sofferenza nel vedere l’incuria verso i poveri, il suo dolore per non essere conosciuto da loro e il suo ardente desiderio per il loro amore. Gesù chiese a Madre Teresa di fondare una comunità religiosa, le Missionarie della Carità, dedite al servizio dei più poveri tra i poveri. Circa due anni di discernimento e verifiche trascorsero prima che Madre Teresa ottenesse il permesso di cominciare la sua nuova missione. Il 17 agosto 1948, indossò per la prima volta il sari bianco bordato d’azzurro e oltrepassò il cancello del suo amato convento di “Loreto” per entrare nel mondo dei poveri.
Dopo un breve corso con le Suore Mediche Missionarie a Patna, Madre Teresa rientrò a Calcutta e trovò un alloggio temporaneo presso le Piccole Sorelle dei Poveri. Il 21 dicembre andò per la prima volta nei sobborghi: visitò famiglie, lavò le ferite di alcuni bambini, si prese cura di un uomo anziano che giaceva ammalato sulla strada e di una donna che stava morendo di fame e di tubercolosi. Iniziava ogni giornata con Gesù nell’Eucaristia e usciva con la corona del Rosario tra le mani, per cercare e servire Lui in coloro che sono “non voluti, non amati, non curati”. Alcuni mesi più tardi si unirono a lei, l’una dopo l’altra, alcune sue ex allieve.
Il 7 ottobre 1950 la nuova Congregazione delle Missionarie della Carità veniva riconosciuta ufficialmente nell’Arcidiocesi di Calcutta. Agli inizi del 1960 Madre Teresa iniziò a inviare le sue sorelle in altre parti dell’India. Il Diritto Pontificio concesso alla Congregazione dal Papa Paolo VI nel febbraio 1965 la incoraggiò ad aprire una casa di missione in Venezuela. Ad essa seguirono subito altre fondazioni a Roma e in Tanzania e, successivamente, in tutti i continenti. A cominciare dal 1980 fino al 1990, Madre Teresa aprì case di missione in quasi tutti i paesi comunisti, inclusa l’ex Unione Sovietica, l’Albania e Cuba.
Per rispondere meglio alle necessità dei poveri, sia fisiche, sia spirituali, Madre Teresa fondò nel 1963 i Fratelli Missionari della Carità; nel 1976 il ramo contemplativo delle sorelle, nel 1979 iFratelli contemplativi, e nel 1984 i Padri Missionari della Carità. Tuttavia la sua ispirazione non si limitò soltanto alle vocazioni religiose. Formò i Collaboratori di Madre Teresa e iCollaboratori Ammalati e Sofferenti, persone di diverse confessioni di fede e nazionalità con cui condivise il suo spirito di preghiera, semplicità, sacrificio e il suo apostolato di umili opere d’amore. Questo spirito successivamente portò alla fondazione dei Missionari della Carità Laici. In risposta alla richiesta di molti sacerdoti, nel 1991 Madre Teresa dette vita anche al Movimento Corpus Christi per Sacerdoti come una “piccola via per la santità” per coloro che desideravano condividere il suo carisma e spirito.
In questi anni di rapida espansione della sua missione, il mondo cominciò a rivolgere l’attenzione verso Madre Teresa e l’opera che aveva avviato. Numerose onorificenze, a cominciare dal Premio indiano Padmashri nel 1962 e dal rilevante Premio Nobel per la Pace nel 1979, dettero onore alla sua opera, mentre i media cominciarono a seguire le sue attività con interesse sempre più crescente. Tutto ricevette, sia i riconoscimenti sia le attenzioni, “per la gloria di Dio e in nome dei poveri”.
L’intera vita e l’opera di Madre Teresa offrirono testimonianza della gioia di amare, della grandezza e della dignità di ogni essere umano, del valore delle piccole cose fatte fedelmente e con amore, e dell’incomparabile valore dell’amicizia con Dio. Ma vi fu un altro aspetto eroico di questa grande donna di cui si venne a conoscenza solo dopo la sua morte. Nascosta agli occhi di tutti, nascosta persino a coloro che le stettero più vicino, la sua vita interiore fu contrassegnata dall’esperienza di una profonda, dolorosa e permanente sensazione di essere separata da Dio, addirittura rifiutata da Lui, assieme a un crescente desiderio di Lui. Chiamò la sua prova interiore: “l’oscurità”. La “dolorosa notte” della sua anima, che ebbe inizio intorno al periodo in cui aveva cominciato il suo apostolato con i poveri e perdurò tutta la vita, condusse Madre Teresa a un’unione ancora più profonda con Dio. Attraverso l’oscurità partecipò misticamente alla sete di Gesù, al suo desiderio, doloroso e ardente, di amore, e condivise la desolazione interiore dei poveri.
Durante gli ultimi anni della sua vita, nonostante i crescenti seri problemi di salute, Madre Teresa continuò a guidare la sua Congregazione e a rispondere alle necessità dei poveri e della Chiesa. Nel 1997 le suore di Madre Teresa erano circa 4.000, presenti nelle 610 case di missione sparse in 123 paesi del mondo. Nel marzo 1997 benedisse la neo-eletta nuova Superiora Generale delle Missionarie della Carità e fece ancora un viaggio all’estero. Dopo avere incontrato il Papa Giovanni Paolo II per l’ultima volta, rientrò a Calcutta e trascorse le ultime settimane di vita ricevendo visitatori e istruendo le consorelle. Il 5 settembre 1997 la vita terrena di Madre Teresa giunse al termine. Le fu dato l’onore dei funerali di Stato da parte del Governo indiano e il suo corpo fu seppellito nella Casa Madre delle Missionarie della Carità. La sua tomba divenne ben presto luogo di pellegrinaggi e di preghiera per gente di ogni credo, poveri e ricchi, senza distinzione alcuna. Madre Teresa ci lascia un testamento di fede incrollabile, speranza invincibile e straordinaria carità. La sua risposta alla richiesta di Gesù: “Vieni, sii la mia luce”, la rese Missionaria della Carità, “Madre per i poveri”, simbolo di compassione per il mondo e testimone vivente dell’amore assetato di Dio.
Meno di due anni dopo la sua morte, a causa della diffusa fama di santità e delle grazie ottenute per sua intercessione, il Papa Giovanni Paolo II permise l’apertura della Causa di Canonizzazione. Il 20 dicembre 2002 approvò i decreti sulle sue virtù eroiche e sui miracoli.


Latino:
Deus, qui beatam Teresiam, virginem, vocasti,
ut amori Filii tui in cruce sitientis
eximia caritate in pauperrimos responderet,
da nobis, quaesumus, eius intercessione,
in afflictis fratribus Christo ministrare.

Per Dominum...

Italiano:

O Dio, che hai chiamato la beata Teresa, vergine,
a rispondere all'amore del tuo Figlio tuo assetato sulla croce
con una carità straordinaria verso i più poveri dei poveri,
donaci, per sua intercessione,
di servire Cristo nei fratelli sofferenti.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unita dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

Francese:
Seigneur, toi qui as appelé la bienheureuse Teresa, vierge,
à répondre à l’amour de ton Fils assoiffé sur la Croix
par une extraordinaire charité envers les plus pauvres d’entre les pauvres.
Donne-nous, par son intercession, la grâce
de servir le Christ dans nos frères souffrants.
Par Jésus.


Spagnolo:
Oh Dios, que llamaste a la Beata Teresa, virgen,
para que correspondiera al amor de tu Hijo, sediento en la cruz
con una eximia caridad hacia los más pobres,
te pedimos que nos concedas, por su intercesión,
servir a Cristo en los hermanos afligidos.

Por Jesucristo, nuestro Señor, …


Ed ecco la seconda lettura per l'Ufficio delle Letture:


seconda lettura

Dall'ultima lettera dì Madre Teresa, M.C., alle suore Miss. della Carità, 5 settembre 1997

Siate soltanto tutte di Gesù attraversa Maria
Questa mia lettera porta l'amore, la preghiera e la benedizione della Madre per ciascuna di voi, perché siate soltanto tutte di Gesù attraverso Maria.
So che la Madre lo dice spesso «Siate soltanto tutte di Gesù attraverso Maria» -, ma ripete questo perché è tutto ciò che la Madre vuole per voi, tutto ciò che la Madre vuole da voi. Se nel vostro cuore siete soltanto tutte di Gesù attraverso Maria, e se fate ogni cosa soltanto per Gesù attraverso Maria, sarete autentiche Missionarie della Carità. Grazie per tutti gli auguri affettuosi che mi avete mandato in occasione della festa della Congrega­zione. Dobbiamo essere davvero grate a Dio, spe­cialmente per averci donato lo spirito di Maria quale spirito della nostra Congregazione. L'amore­vole fiducia in Dio e il totale abbandono in Lui fecero rispondere «Sì» a Maria al messaggio del­l'angelo, e la gioia la spinse ad andare in tutta fret­ta a servire la cugina Elisabetta. Tutto questo è co­sì simile alla nostra vita: dire «Sì» a Gesù e andare in tutta fretta a servirLo nei più poveri tra i poveri. Rimaniamo vicine a Maria e Lei farà crescere, in ciascuna di noi, questo stesso spirito. Si sta avvicinando il 10 settembre. Questa è un'altra opportunità per noi di rimanere accanto a Maria, per ascoltare il grido di Gesù: «Ho sete», e rispondervi con tutto il cuore. È soltanto con Maria che possiamo udire il grido di Gesù: «Ho sete», ed è soltanto con Maria che possiamo ringraziare de­gnamente Dio per aver fatto un dono così gran­de alla nostra Congregazione. L'anno scorso è sta­to il Giubileo d'oro del giorno dell'Ispirazione, e spero che tutto l'anno sia stato un anno di ringra­ziamento. Non giungeremo mai ad esaurire il dono fatto dalla Madre, per la Congregazione, quel giorno, perciò non dobbiamo mai smettere di ren­dere grazie per esso. Che la nostra gratitudine si manifesti nella determinazione di saziare la sete di Gesù con una vita di autentica carità: amore per Gesù nella preghiera, amore per Gesù nelle con­sorelle, amore per Gesù nei più poveri tra i poveri - niente altro. Sono venuta pure a sapere che Gesù ci vuole fare un altro dono.
Quest'anno, il Santo Padre procla­merà santa Teresa del Bambino Gesù «Dottore del­la Chiesa», nel centenario del suo ritorno a casa da Gesù. Vi immaginate... solo perché ha fatto piccole cose con grande amore la Chiesa la proclama Dot­tore della Chiesa, al pari di sant'Agostino e della grande santa Teresa! Proprio come nel Vangelo, quando Gesù ha detto a chi stava all'ultimo posto: «Amico, vieni più avanti». Perciò, rimaniamo molto picco-le e seguiamo la via di santa Teresina, quella della fiducia, dell'amore e della gioia, in modo da portare a compimento la promessa della Madre di donare santi alla Madre Chiesa.

responsorio (Mt 25,34-35.40)
Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fonda­zione del mondo, * perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato.
In verità vi dico: ogni volta che avete fatto que­ste cose
a uno solo di questi miei fratelli più pic­coli, l'avete fatto a me.
Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,
ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato.

orazione
Dio, che hai chiamato la beata Teresa, vergine, a rispondere all'amore del tuo Figlio assetato sulla croce con una carità straordinaria verso i più poveri dei poveri, donaci, per sua intercessione, di servire Cristo nei fratelli sofferenti. Egli è Dio.









martedì 4 settembre 2012

Ratzinger: Gesù di Nazareth, parte terza.

  



Apprendo con sommo piacere che il nostro instancabile Pontefice, Benedetto XVI, durante il suo soggiorno estivo a Castel Gandolfo, ha portato a compimento la preannunciata III parte della sua opera di insigne teologo: "Gesù di Nazareth" con un nuovo volume dedicato all'infanzia di Gesù. Una splendida notizia per coloro che, come me, amano gli scritti di uno dei maggiori teologi viventi al mondo.
L'opera, come ha più volte sottolineato il Papa, non gode dell'infallibilità papale, ma è frutto della libera ricerca del teologo Ratzinger. Speriamo che quest'ultima parte dell'opera venga presto pubblicata e ,magari, di poterla avere sotto l'albero, a Natale.