Translate

giovedì 31 gennaio 2013

Benedizione della gola nel giorno di San Biagio


Si avvicina il 3 febbraio, memoria liturgica di San Biagio vescovo della chiesa di Sebaste e martire. San Biagio è uno dei santi più popolari al mondo, a causa della particolare benedizione che, un po' in tutte le chiese del mondo, viene impartita alla gola dei fedeli, perchè sia preservata dalle malattie per intercessione del santo taumaturgo che, mentre andava al supplizio, guarì un bambino che stava per soffocare a causa di una lisca di pesce conficcata nella gola.

La benedizione della gola viene impartita dal sacerdote con due candele appositamente benedette, unite da un nastro rosso, che vengono poste sulla gola dei fedeli e mediante un segno di croce fatto con l'altra mano.

Ecco il formulario tradizionale tratto dal Rituale Romanum:


Benedictio Candelarum

VAdjutórium nostrum in nómine Dómini.
RQui fecit cælum et terram.
VDóminus vobíscum.
REt cum spíritu tuo.

Orémus.
Dómine Jesu Christe, Fíli Dei vivi, béne +   dic candélas istas supplicatiónibus nostris: infúnde eis, Dómine, per virtútem sanctæ Cru + cis, benedictiónem cæléstem, qui eas ad repelléndas ténebras humáno géneri tribuísti; talémque benedictiónem signáculo sanctæ Cru +   cis accípiant, ut quibuscúmque locis accénsæ, sive pósitæ fúerint, discédant príncipes tenebrárum, et contremíscant, et fúgiant pávidi cum ómnibus minístris suis ab habitatiónibus illis, nec præsúmant ámplius inquietáre, aut molestáre serviéntes tibi omnipoténti Deo: Qui vivis et regnas in sǽcula sæculórum.
R. Amen.

Signore Gesù Cristo, Figlio dei Dio vivente, + benedici, Te ne supplichiamo queste candele: infondi su di esse, O Signore, per i meriti della + Santa Crocea la benedizione celeste che hai assegnato loro per respingere le tenebre dal genere umano; esse ricevano nel nome della + Santa Croce la celeste benedizione affinché ovunque vengano accese o siano poste, allontanino i principi delle tenebre, li facciano tremare e fuggire timorosi con tutti i loro servitori da quelle abitazioni. ed essi non pretendano di poter ulteriormente affliggere o molestare i tuoi servi, o Dio Onnipotente che vivi e regni nei secoli dei secoli. - Amen.

Et aspergantur aqua benedicta.

Il Sacerdote con le candele unite in croce, al di sotto del mento contro la gola di ogni fedele, posti davanti all’altare (o alla balaustra del coro) dice:

 PER INTERCESSIONEM SANCTI BLASII, EPISCOPI ET MARTYRIS, LIBERET TE DEUS A MALO GUTTURIS ET A QUOLIBET ALIO MALO. 
IN NOMINE PATRIS ET FILII ET SPIRITUS SANCTI. AMEN. 

PER L'INTERCESSIONE DI SAN BIAGIO, VESCOVO E MARTIRE, IL SIGNORE TI LIBERI DAL MAL DI GOLA E DA OGNI ALTRO MALE.
IN NOME DEL PADRE E DEL FIGLIO E DELLO SPIRITO SANTO. AMEN.

 

 
È conveniente tenere le due candele con entrambe le mani durante la preghiera e tenendo poi le candele con la mano sinistra sul nodo rosso che unisce le candele, impartire la benedizione con la mano destra estesa. La formula può essere scritta su un cartoncino mantenuto da un ministrante. 

Oppure secondo la formula del Benedizionale:


INIZIO
1928. Quando tutti sono riuniti, si esegue un canto adatto o si fa una pausa di raccoglimento. Poi tutti si fanno il segno della croce, mentre il ministro dice:
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
R. Amen.

SALUTO
1929. Il ministro, saluta i presenti con le seguenti parole o altre adatte, tratte di preferenza dalla Sacra Scrittura:
Dio, autore della vita
e dispensatore di ogni bene,
sia con tutti voi.

R.
 E con il tuo spirito.  
o in un altro modo adatto.

MONIZIONE INTRODUTTIVA

1930. 
Il ministro, o un'altra persona idonea, introduce il rito di benedizione con queste parole o altre simili:
Dio, nostro Padre, non abbandona i suoi figli e invita tutti a pregare e operare, perché in ogni situazione non manchi mai la fiducia nella sua provvidenza e i
senso cristiano della speranza.

LETTURA DELLA PAROLA DI DIO


1931. 
Un lettore o uno dei presenti legge uno dei seguenti testi della Sacra Scrittura o un altro particolarmente adatto alla circostanza.
Lc 11,5-13
Chiedete e vi sarà dato.
Ascoltate la parola del Signore dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a
 chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? Se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».

1932.
 
Oppure (per esteso vedi a p. 914 ss.):

Is 40, 28-31

Quanti sperano nel Signore riacquistano forza.


Is 63,16-17; 64,3-4.6-7

Tu, Signore, sei nostro padre.


Rm 7,18-25

Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?


Rm 8,31-35.37-39

Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?


2 Cor 12,7-10

Ti basta la mia grazia.


Ap 21,1-7

Non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno.
Mt 11,25-30
Venite a me, voi tutti che siete affaticati.


Mc 4,35-41

Perché siete paurosi? Non avete ancora fede.



RESPONSORIO


1933. 
Secondo l'opportunità si può cantare o recitare un salmo responsoriale (per esteso vedi a p. 993 ss.) o eseguire un altro canto adatto.
Sal 24 (25), 1-3 4-5 8-9R. Chi spera in te, Signore, non resta deluso.
Sal 33 (34), 2-3 4-5 6-7 10-11
R. Il Signore è con noi nell' ora della prova.
Sal 54 (55), 5-6 13 14-15 17-18 23
R. Mi affido al Signore: mai sarò deluso.
Sal 102 (103), 1-2 3-4 11-12 13-14 17-18
  R. Il Signore ha pietà del suo popolo.

BREVE ESORTAZIONE
1934. Secondo l'opportunità, il ministro rivolge brevi parole ai presenti, illustrando la lettura biblica, perché percepiscano il significato della celebrazione.
Breve silenzio.

PREGHIERA DEI FEDELI

1935. 
Segue la preghiera comune. Tra le invocazioni proposte, si possono scegliere alcune ritenute più adatte, o aggiungerne altre in sintonia con particolari situazioni di persone o necessità del momento.


P
reghiamo Dio onnipotente, perché ci sostenga e ci illumini nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore e in ogni momento della nostra quotidiana fatica.


R.
 Dio, fonte di consolazione, ascoltaci.

Per tutti i figli di Dio che godono buona salute,
perché facciano un uso saggio e generoso
di questo prezioso dono, preghiamo. 
R.
Per quanti vivono nella trepidazione
e nell'incertezza del futuro,
perché acquistino coraggio e fiducia, preghiamo. 
R.
Per i deboli e i malati,
perché ricuperino vigore e salute, preghiamo. 
R.

Per i fanciulli, i giovani, gli anziani gravemente infermi,
perché avvertano accanto a sé la presenza di Cristo,
medico e fratello nel dolore, preghiamo. 
R.
Per tutti quelli che si dedicano al servizio dei malati,
perché siano efficaci collaboratori
della scienza e della Provvidenza, preghiamo. 
R.
Per noi qui presenti,
perché il Signore ci dia un segno
della sua misericordia, preghiamo. 
R.
_____________________________________________________

1936. Quando si omettono le in vocazioni sopra indicate, prima della formula di benedizione, il ministro dice:

P
reghiamo.


Tutti pregano per qualche momento in silenzio
.

_____________________________________________________


Segue la preghiera del Signore:

Padre nostro.



PREGHIERA DI BENEDIZIONE


1937. 
Il ministro, con le braccia allargate, pronuncia la preghiera di benedizione:
Noi ti rendiamo grazie, Dio onnipotente,
che hai creato l'uomo per la gioia e la vita immortale,
e con l'opera redentrice del tuo Figlio
lo hai liberato dalla schiavitù del peccato,

radice di ogni male.

Tu ci doni la certezza
che un giorno sarà asciugata ogni lacrima
e ricompensata ogni fatica sostenuta per tuo amore.

Benedici i tuoi figli,
che nella piena adesione alla tua volontà

ti invocano mediante l'intercessione di san Biagio

perché, preservati 
[liberati] dal male di gola

e confermati dalla grazia del tuo Spirito,
glorifichino in parole e opere il tuo santo nome.

Per Cristo nostro Signore.
R. Amen.
1938. 
Quindi il ministro, secondo le consuetudini locali, traccia un segno di croce sui presenti (cfr n. 1592
) pronunciando la formula seguente:
Il Signore misericordioso,
per intercessione di san Biagio

vi conceda la salute del corpo e la consolazione dello spirito.
R. Amen.
E la benedizione di Dio onnipotente,
Padre e Figlio 
X e
 Spirito Santo,
discenda su di voi, e con voi rimanga sempre.
R. Amen.

1939. 
I fedeli poi si possono portare vicino all' altare; il ministro si avvicina a ciascuno con la reliquia (cfr n. 1592
) o un altro segno di benedizione,  ad es. per san Biagio mette due candele in forma di croce sotto il mento alla gola di ciascuno secondo le consuetudini locali.

1940. 
Nel frattempo si può eseguire un canto corale adatto.

 
2. Rito della benedizione unito alla Messa
nel giorno della festa

1941. Per la Messa si usa il formulario della festa o della memo­ria con le letture proprie o del Comune indicate nel Lezionario dei Santi.

1942. 
La Preghiera dei fedeli si svolge come di consueto. È opportuno inserirvi alcune invocazioni tra quelle indicate al n.1935 
o altre simili.


PREGHIERA DI BENEDIZIONE


1943. 
Terminata l'orazione dopo la Comunione, il sacerdote celebrante invita i presenti a lodare e invocare il Signore con una particolare preghiera di benedizione. Quindi tenendo le mani stese sul popolo dice:
Noi ti rendiamo grazie, Dio onnipotente,
che hai creato l'uomo per la gioia e la vita immortale,
e con l'opera redentrice del tuo Figlio
lo hai liberato dalla schiavitù del peccato,
radice di ogni male.

Tu ci doni la certezza
che un giorno sarà asciugata ogni lacrima
e ricompensata ogni fatica sostenuta per tuo amore.

Benedici i tuoi figli,
che nella piena adesione alla tua volontà
ti invocano mediante l'intercessione di san Biagio
perché, preservati  [liberati] dal male di gola
e confermati nella grazia del tuo Spirito,
glorifichino in parole e opere il tuo santo nome.

Per Cristo nostro Signore.

R.
 Amen.
Quindi prosegue dicendo:

E la benedizione di Dio onnipotente,
Padre e Figlio 
X e
 Spirito Santo,
discenda su di voi, e con voi rimanga sempre.
R. Amen.
1944. I fedeli poi si possono portare vicino all'altare; il ministro si avvicina a ciascuno con la reliquia (cfr n. 1592) o un altro segno di benedizione (cfr n. 1939) secondo le consuetudini locali, pronunciando, se del caso, queste parole o altre simili: 

Il Signore misericordioso,
per intercessione di san Biagio

ti conceda la salute del corpo e la consolazione dello spirito.

R. Amen.

1945. 
Nel frattempo si può eseguire un canto corale adatto.





martedì 29 gennaio 2013

Messale Romano, si avvicina la nuova edizione italiana.


Apprendiamo con molto entusiasmo che la recognitio, da parte della Santa Sede, dei testi approvati dai vescovi italiani per la III edizione del Messale Romano italiano, sta per giungere a compimento.
Ritengo di poter pronosticare l'arrivo del nuovo Messale per il prossimo anno liturgico.

Fra le questioni più dibattute vi è la questione del "pro multis", la traduzione da attribuire alle parole della consacrazione sul calice. Com'è noto il papa ha scritto una lettera ai vescovi tedeschi nella quale esponeva le ragioni di una più letterale e teologicamente corretta traduzione per molti, al posto di per tutti.
I vescovi italiani, in vista di un possibile sbandamento dei fedeli, hanno deciso di mantenere la traduzione per tutti, ma, a quanto pare, la Santa Sede potrebbe respingere tale versione e imporre il per molti anche in Italia. Molte altre conferenze episcopali del mondo hanno deciso di adottare la traduzione per molti, curiosa e molto acuta la traduzione francese che traduce per una moltitudine, che annulla l'accezione negativa che potrebbe essere colta, nel senso che i fedeli potrebbero chiedersi se il sacrificio di Cristo non sia valido per tutti, ma solo per alcuni. Molto chiara la sopracitata lettera del papa che vi allego sotto.


LETTERA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
AL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA

A Sua Eccellenza Reverendissima
Monsignor Robert Zollitsch
Arcivescovo di Freiburg
Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca

Herrenstraße 9
D-79098 FREIBURG
Dal Vaticano, 14 aprile 2012
Eccellenza,Venerato, caro Arcivescovo,
In occasione della Sua visita del 15 marzo 2012, Lei mi ha fatto sapere che per quanto riguarda la traduzione delle parole “pro multis” nelle Preghiere Eucaristiche della Santa Messa ancora non c’è unità tra i Vescovi dell’area di lingua tedesca. Incombe, a quanto pare, il pericolo che per la pubblicazione della nuova edizione del “Gotteslob” [libro dei canti e preghiere], attesa in tempi brevi, alcune parti dell’area di lingua tedesca vogliano mantenere la traduzione “per tutti”, anche qualora la Conferenza Episcopale tedesca convenisse a scrivere “per molti”, così come richiesto dalla Santa Sede. Le avevo promesso che mi sarei espresso per iscritto riguardo a questa importante questione, al fine di prevenire una tale divisione nel luogo più intimo della nostra preghiera. La lettera che qui, per Suo tramite, indirizzo ai membri della Conferenza Episcopale Tedesca, sarà inviata anche agli altri Vescovi dell’area di lingua tedesca.
Anzitutto, mi lasci spendere brevemente una parola sulle origini del problema. Negli anni sessanta, quando bisognava tradurre in tedesco, sotto la responsabilità dei Vescovi, il Messale Romano, esisteva un consenso esegetico sul fatto che la parola “i molti”, “molti” in Isaia 53,11s, fosse una forma di espressione ebraica per indicare la totalità, “tutti”. La parola “molti” nei racconti dell’istituzione di Matteo e di Marco, sarebbe stata quindi un “semitismo” e avrebbe dovuto essere tradotta con “tutti”. Questo concetto si applicò anche al testo latino direttamente da tradurre, in cui il “pro multis” avrebbe rimandato, attraverso i racconti evangelici, a Isaia 53 e perciò sarebbe stato da tradurre con “per tutti”. Questo consenso esegetico, nel frattempo, si è sgretolato; esso non esiste più. Nella traduzione ecumenica tedesca della Sacra Scrittura, nel racconto dell’Ultima Cena, si legge: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, che è versato per molti” (Mc 14,24; cfr Mt26,28). Con questo si evidenzia una cosa molto importante: la resa di “pro multis” con “per tutti” non era affatto una semplice traduzione, bensì un’interpretazione, che sicuramente era e rimane fondata, ma tuttavia è già un’interpretazione ed è più di una traduzione.
Questa fusione di traduzione e interpretazione appartiene, in un certo senso, ai principi che, subito dopo il Concilio, guidarono la traduzione dei libri liturgici nelle lingue moderne. Si era consapevoli di quanto la Bibbia ed i testi liturgici fossero lontani dal mondo del parlare e del pensare dell’uomo d’oggi, così che anche tradotti essi sarebbero rimasti ampiamente incomprensibili ai partecipanti alla liturgia. Era un’impresa nuova che i testi sacri fossero resi accessibili, in traduzione, ai partecipanti alla liturgia, pur rimanendo, tuttavia, a una grande distanza dal loro mondo; anzi, in questo modo, i testi sacri apparivano proprio nella loro grande distanza. Così, ci si sentì non solo autorizzati, ma addirittura in obbligo di fondere già nella traduzione l’interpretazione, e di accorciare in questo modo la strada verso gli uomini, il cui cuore ed intelletto si voleva fossero raggiunti appunto da queste parole.
Fino ad un certo punto, il principio di una traduzione contenutistica e non necessariamente letterale del testo di base rimane giustificato. Dal momento che devo recitare le preghiere liturgiche continuamente in lingue diverse, noto che, talora, tra le diverse traduzioni, non è possibile trovare quasi niente in comune e che il testo unico che ne è alla base, spesso è riconoscibile soltanto da lontano. Vi sono state poi delle banalizzazioni che rappresentano delle vere perdite. Così, nel corso degli anni, anche a me personalmente, è diventato sempre più chiaro che il principio della corrispondenza non letterale, ma strutturale, come linea guida nella traduzione, ha i suoi limiti. Seguendo considerazioni di questo genere, l’Istruzione sulle traduzioni Liturgiam authenticam, emanata dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il 28 marzo 2001, ha posto di nuovo in primo piano il principio della corrispondenza letterale, senza ovviamente prescrivere un verbalismo unilaterale. L’acquisizione importante che è alla base di questa Istruzione consiste nella distinzione, a cui ho già accennato all’inizio, fra traduzione e interpretazione. Essa è necessaria sia nei confronti della parola della Scrittura, sia nei confronti dei testi liturgici. Da un lato, la parola sacra deve presentarsi il più possibile come essa è, anche nella sua estraneità e con le domande che porta in sé; dall’altro lato, è alla Chiesa che è affidato il compito dell’interpretazione, affinché – nei limiti della nostra attuale comprensione – ci raggiunga quel messaggio che il Signore ci ha destinato. Neppure la traduzione più accurata può sostituire l’interpretazione: rientra nella struttura della rivelazione il fatto che la Parola di Dio sia letta nella comunità interpretante della Chiesa, e che fedeltà e attualizzazione siano legate reciprocamente. La Parola deve essere presente quale essa è, nella sua propria forma, forse a noi estranea; l’interpretazione deve misurarsi con la fedeltà alla Parola stessa, ma al tempo stesso deve renderla accessibile all’ascoltatore di oggi.
In questo contesto, è stato deciso dalla Santa Sede che, nella nuova traduzione del Messale, l’espressione “pro multis” debba essere tradotta come tale e non insieme già interpretata. Al posto della versione interpretativa “per tutti” deve andare la semplice traduzione “per molti”. Vorrei qui far notare che né in Matteo, né in Marco c’è l’articolo, quindi non “per i molti”, ma “per molti”. Se questa decisione è, come spero, assolutamente comprensibile alla luce della fondamentale correlazione tra traduzione e interpretazione, sono tuttavia consapevole che essa rappresenta una sfida enorme per tutti coloro che hanno il compito di esporre la Parola di Dio nella Chiesa. Infatti, per coloro che abitualmente partecipano alla Santa Messa questo appare quasi inevitabilmente come una rottura proprio nel cuore del Sacro. Essi chiederanno: ma Cristo non è morto per tutti? La Chiesa ha modificato la sua dottrina? Può ed è autorizzata a farlo? E’ qui in atto una reazione che vuole distruggere l’eredità del Concilio? Per l’esperienza degli ultimi 50 anni, tutti sappiamo quanto profondamente i cambiamenti di forme e testi liturgici colpiscono le persone nell’animo; quanto fortemente possa inquietare le persone una modifica del testo in un punto così centrale. Per questo motivo, nel momento in cui, in base alla differenza tra traduzione e interpretazione, si scelse la traduzione “molti”, si decise, al tempo stesso, che questa traduzione dovesse essere preceduta, nelle singole aree linguistiche, da una catechesi accurata, per mezzo della quale i Vescovi avrebbero dovuto far comprendere concretamente ai loro sacerdoti e, attraverso di loro, a tutti i fedeli, di che cosa si trattasse. Il far precedere la catechesi è la condizione essenziale per l’entrata in vigore della nuova traduzione. Per quanto ne so, una tale catechesi finora non è stata fatta nell’area linguistica tedesca. L’intento della mia lettera è chiedere con la più grande urgenza a Voi tutti, cari confratelli, di elaborare ora una tale catechesi, per parlarne poi con i sacerdoti e renderla contemporaneamente accessibile ai fedeli.
In una tale catechesi si dovrà forse, in primo luogo, spiegare brevemente perché nella traduzione del Messale dopo il Concilio, la parola “molti” venne resa con “tutti”: per esprimere in modo inequivocabile, nel senso voluto da Gesù, l’universalità della salvezza che proviene da Lui. Ma poi sorge subito la domanda: se Gesù è morto per tutti, perché nelle parole dell’Ultima Cena Egli ha detto “per molti”? E perché allora noi ci atteniamo a queste parole di istituzione di Gesù? A questo punto bisogna anzitutto aggiungere ancora che, secondo Matteo e Marco, Gesù ha detto “per molti”, mentre secondo Luca e Paolo ha detto “per voi”. Così il cerchio, apparentemente, si stringe ancora di più. Invece, proprio partendo da questo si può andare verso la soluzione. I discepoli sanno che la missione di Gesù va oltre loro e la loro cerchia; che Egli era venuto per riunire da tutto il mondo i figli di Dio che erano dispersi (Gv 11,52). Il “per voi”, rende, però, la missione di Gesù assolutamente concreta per i presenti. Essi non sono degli elementi anonimi qualsiasi di un’enorme totalità, bensì ogni singolo sa che il Signore è morto proprio “per me”, “per noi”. “Per voi” si estende al passato e al futuro, si riferisce a me del tutto personalmente; noi, che siamo qui riuniti, siamo conosciuti ed amati da Gesù in quanto tali. Quindi questo “per voi” non è una restrizione, bensì una concretizzazione, che vale per ogni comunità che celebra l’Eucaristia e che la unisce concretamente all’amore di Gesù. Il Canone Romano ha unito tra loro, nelle parole della consacrazione, le due letture bibliche e, conformemente a ciò, dice: “per voi e per molti”. Questa formula è stata poi ripresa, nella riforma liturgica, in tutte le Preghiere Eucaristiche.
Ma, ancora una volta: perché “per molti”? Il Signore non è forse morto per tutti? Il fatto che Gesù Cristo, in quanto Figlio di Dio fatto uomo, sia l’uomo per tutti gli uomini, sia il nuovo Adamo, fa parte delle certezze fondamentali della nostra fede. Su questo punto vorrei solamente ricordare tre testi della Scrittura: Dio ha consegnato suo Figlio “per tutti”, afferma Paolo nella Lettera ai Romani (Rm 8,32). “Uno è morto per tutti”, dice nella Seconda Lettera ai Corinzi, parlando della morte di Gesù (2 Cor 5,14). Gesù “ha dato se stesso in riscatto per tutti”, è scritto nella Prima Lettera a Timoteo (1 Tm 2,6). Ma allora, a maggior ragione ci si deve chiedere, ancora una volta: se questo è così chiaro, perché nella Preghiera Eucaristica è scritto “per molti”? Ora, la Chiesa ha ripreso questa formulazione dai racconti dell’istituzione nel Nuovo Testamento. Essa dice così per rispetto verso la parola di Gesù, per mantenersi fedele a Lui fin dentro la parola. Il rispetto reverenziale per la parola stessa di Gesù è la ragione della formulazione della Preghiera Eucaristica. Ma allora noi ci chiediamo: perché mai Gesù stesso ha detto così? La ragione vera e propria consiste nel fatto che, con questo, Gesù si è fatto riconoscere come il Servo di Dio di Isaia 53, ha dimostrato di essere quella figura che la parola del profeta stava aspettando. Rispetto reverenziale della Chiesa per la parola di Gesù, fedeltà di Gesù alla parola della “Scrittura”: questa doppia fedeltà è la ragione concreta della formulazione “per molti”. In questa catena di fedeltà reverenziale, noi ci inseriamo con la traduzione letterale delle parole della Scrittura.
Come abbiamo visto anteriormente che il “per voi” della traduzione lucano-paolina non restringe, ma concretizza; così ora possiamo riconoscere che la dialettica “molti” – “tutti” ha il suo proprio significato. “Tutti” si muove sul piano ontologico – l’essere ed operare di Gesù comprende tutta l’umanità, il passato, il presente e il futuro. Ma di fatto, storicamente, nella comunità concreta di coloro che celebrano l’Eucaristia, Egli giunge solo a “molti”. Allora è possibile riconoscere un triplice significato della correlazione di “molti” e “tutti”. Innanzitutto, per noi, che possiamo sedere alla sua mensa, dovrebbe significare sorpresa, gioia e gratitudine perché Egli mi ha chiamato, perché posso stare con Lui e posso conoscerlo. “Sono grato al Signore, che per grazia mi ha chiamato nella sua Chiesa …” [canto religioso “Fest soll mein Taufbund immer stehen”, strofa 1]. Poi, però, in secondo luogo questo significa anche responsabilità. Come il Signore, a modo suo, raggiunga gli altri – “tutti” – resta, alla fine, un mistero suo. Senza dubbio, però, costituisce una responsabilità il fatto di essere chiamato da Lui direttamente alla sua mensa, così che posso udire: “per voi”, “per me”, Egli ha patito. I molti portano responsabilità per tutti. La comunità dei molti deve essere luce sul candelabro, città sul monte, lievito per tutti. Questa è una vocazione che riguarda ciascuno, in modo del tutto personale. I molti, che siamo noi, devono sostenere la responsabilità per il tutto, consapevoli della propria missione. Infine, si può aggiungere un terzo aspetto. Nella società attuale abbiamo la sensazione di non essere affatto “molti”, ma molto pochi – una piccola schiera, che continuamente si riduce. Invece no – noi siamo “molti”: “Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”, dice l’Apocalisse di Giovanni (Ap 7,9). Noi siamo molti e rappresentiamo tutti. Così ambedue le parole “molti” e “tutti” vanno insieme e si relazionano l’una all’altra nella responsabilità e nella promessa.
Eccellenza, cari confratelli nell’Episcopato! Con tutto questo, ho voluto indicare le linee fondamentali di contenuto della catechesi per mezzo della quale sacerdoti e laici dovranno essere preparati il più presto possibile alla nuova traduzione. Auspico che tutto questo possa servire, allo stesso tempo, ad una più profonda partecipazione alla Santa Eucaristia, inserendosi così nel grande compito che ci aspetta con “l’Anno della fede”. Posso sperare che la catechesi venga presentata presto e diventi così parte di quel rinnovamento liturgico, per il quale il Concilio si è impegnato fin dalla sua prima sessione.
Con la benedizione e i saluti pasquali,
Mi confermo Suo nel Signore
Benedictus PP. XVI


giovedì 17 gennaio 2013

Sant'Antonio abate.


Vi propongo la bella lettura che la Chiesa ci fa meditare oggi nell'Ufficio delle Letture, si tratta di un brano della Vita Antonii, scritta da Sant'Atanasio. Il brano è un vero compendio della vita, dell'operato e della spiritualità del santo anacoreta.

Dalla «Vita di sant'Antonio» scritta da sant'Atanasio, vescovo
(Capp. 24; PG 26, 842-846)
 

La vocazione di sant'Antonio

Dopo la morte dei genitori, lasciato solo con la sorella ancor molto piccola, Antonio, all'età di diciotto o vent'anni, si prese cura della casa e della sorella. Non erano ancora trascorsi sei mesi dalla morte dei genitori, quando un giorno, mentre si recava, com'era sua abitudine, alla celebrazione eucaristica, andava riflettendo sulla ragione che aveva indotto gli apostoli a seguire il Salvatore, dopo aver abbandonato ogni cosa. Richiamava alla mente quegli uomini, di cui si parla negli Atti degli Apostoli che, venduti i loro beni, ne portarono il ricavato ai piedi degli apostoli, perché venissero distribuiti ai poveri. Pensava inoltre quali e quanti erano i beni che essi speravano di conseguire in cielo.
Meditando su queste cose entrò in chiesa, proprio mentre si leggeva il vangelo e sentì che il Signore aveva detto a quel ricco: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi e avrai un tesoro nei cieli» (Mt 19, 21).
Allora Antonio, come se il racconto della vita dei santi gli fosse stato presentato dalla Provvidenza e quelle parole fossero state lette proprio per lui, uscì subito dalla chiesa, diede in dono agli abitanti del paese le proprietà che aveva ereditato dalla sua famiglia — possedeva infatti trecento campi molto fertili e ameni — perché non fossero motivo di affanno per sé e per la sorella. Vendette anche tutti i beni mobili e distribuì ai poveri la forte somma di denaro ricavata, riservandone solo una piccola parte per la sorella.
Partecipando un'altra volta all'assemblea liturgica, sentì le parole che il Signore dice nel vangelo: «Non vi angustiate per il domani» (Mt 6, 34). Non potendo resistere più a lungo, uscì di nuovo e donò anche ciò che gli era ancora rimasto. Affidò la sorella alle vergini consacrate a Dio e poi egli stesso si dedicò nei pressi della sua casa alla vita ascetica, e cominciò a condurre con fortezza una vita aspra, senza nulla concedere a se stesso.
Egli lavorava con le proprie mani: infatti aveva sentito proclamare: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2 Ts 3, 10). Con una parte del denaro guadagnato comperava il pane per sé, mentre il resto lo donava ai poveri.
Trascorreva molto tempo in preghiera, poiché aveva imparato che bisognava ritirarsi e pregare continuamente (cfr. 1 Ts 5, 17). Era così attento alla lettura, che non gli sfuggiva nulla di quanto era scritto, ma conservava nell'animo ogni cosa al punto che la memoria finì per sostituire i libri. Tutti gli abitanti del paese e gli uomini giusti, della cui bontà si valeva, scorgendo un tale uomo lo chiamavano amico di Dio e alcuni lo amavano come un figlio, altri come un fratello.

Sant'Antonio abate e la benedizione degli animali.


Come moli sanno Sant'Antonio abate è il patrono degli animali domestici che, in questo giorno, vengono benedetti un po' in tutto il mondo. La celebrazione, sorta nel Medioevo, era molto sentita specie fra la popolazione rurale e continua ad esserlo nei piccoli centri di campagna, ma ha ancora senso proporre tale benedizione ? Certo che sì; in primo luogo essa mette bene in evidenza come anche gli animali siano dono dell'Altissimo, un dono prezioso; inoltre risulta di grande attualità perchè è pur vero che sono diminuiti gli animali da fattoria, ma chi non ha in casa un gatto, un cane, un canarino o un pesciolino ? Le ultime stime italiane sono molto alte, sono molto gli Italiani che hanno al loro fianco questi splendidi compagni di vita. Pertanto andate dal vostro parroco e chiedete la benedizione sui vostri animali, anche dal papa si farà, infatti, questa mattina, Angelo Comastri celebrerà la Santa Messa nella Basilica vaticana e poi impartirà la benedizione agli animali recati dall'Aia (Associazione italiana allevatori) e dai romani che potranno usufruire anche di una visita veterinaria gratuita. Sotto vi riporto il testo del benedizionale da utilizzare:

INIZIO

1062.
 
Quando tutti sono riuniti, si esegue un canto adatto o si fa una pausa di raccoglimento. Poi tutti si fanno il segno della croce, mentre il ministro dice:

N
el nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.


R.
 
Amen.

SALUTO


1063. 
Il ministro, se sacerdote o diacono, saluta i presenti con le seguenti parole o altre adatte, tratte di preferenza dalla Sacra Scrittura:

D
io, mirabile in tutte le sue opere,  

sia con voi.


R.
 
E con il tuo spirito.

o in un altro modo adatto.
 

_____________________________________________________
1064. Se il ministro è un laico, saluta i presenti dicendo:
Lodiamo il Signore Dio nostro,  
che ha fatto con sapienza tutte le cose.


R.
 
Amen._____________________________________________________

MONIZIONE INTRODUTTIVA
1065. Il ministro, o un'altra persona idonea, introduce il rito benedizione con queste parole o altre simili:
Nel disegno di Dio Creatore, anche gli animali che popolano il cielo, la terra e il mare, partecipano alla vicenda umana. La provvidenza che abbraccia tutta la scala degli esseri viventi, si avvale di questi preziosi e fedeli amici dell'uomo e della loro immagine per significare i doni della salvezza. Salvati dalle acque del diluvio per mezzo dell'arca, partecipano in qualche modo al patto di alleanza con Noè (Gn 9, 9-10); l'agnello richiama l'immolazione pasquale e la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto (Es 12,3-14); un grande pesce salva Giona dal naufragio (Gio 9,9-10); i corvi nutrono il profeta Elia (1 Re 17,6); gli animali, con gli uomini sono coinvolti nella penitenza di Ninive (Gio 3, 7) e con tutto il creato rientrano nel piano dell'universale redenzione.
Invochiamo dunque la benedizione di Dio 
per intercessione di san Antonio abate sopra queste creature e rendendo grazie al Creatore che le ha poste al nostro servizio, chiediamo di poter camminare sempre nella sua legge e di non venire mai meno alla nostra dignità umana e cristiana.

LETTURA DELLA PAROLA DI DIO

1066.
 
Un lettore o uno dei presenti legge uno dei seguenti testi della Sacra Scrittura:

Gn 1,1.20-28

Dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra.


Ascoltate la parola di Dio dal libro della Genesi

In principio Dio creò il cielo e la terra.
E Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra».
E Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie». E così avvenne: Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».

1067. 
Oppure:

Gn 2, 19-20a
  

L'uomo impose nomi a tutto il bestiame.


Ascoltate la parola di Dio dal libro della Genesi

Il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo, e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche.

1068.
 
Oppure (per esteso vedi a p. 857 ss.):

Gn 6, 17-23  

Introdurrai nell'arca due di ogni specie, per conservarli in vita.


Is 11,6-10

Gli animali non nuoceranno né uccideranno sul monte del Signore.



RESPONSORIO


1069.
 
Secondo l'opportunità si può cantare o recitare un salmo responsoriale (per esteso vedi a p. 988 ss. ) o eseguire un altro canto adatto.

Sal 8, 4-5 6-7 8-9
R.
 
Grande e il tuo nome, Signore, su tutta la terra.

Sal 103 (104), 1-2a 10-12 25 27-28
R. 
Tutti da te aspettano il cibo nel tempo opportuno.

Sal 146 (147), 7-8 9-11 
R.
 
Grande è il Signore onnipotente.
BREVE ESORTAZIONE

1070.
 
Secondo l'opportunità, il ministro rivolge brevi parole ai presenti illustrando la lettura biblica, perché percepiscano il significato della celebrazione.

Breve silenzio.

PREGHIERA DEI FEDELI
1071. Segue la preghiera comune. Tra le invocazioni proposte, si possono scegliere alcune ritenute più adatte, o aggiungerne altre in sintonia con particolari situazioni di persone o necessità del momento.
Dio ha creato l'uomo e lo ha posto sulla terra, perché esercitando il suo dominio su tutti gli animali celebri la gloria del suo Creatore.
Uniamoci al cantico delle creature e diciamo insieme:
R. Quanto sono grandi le tue opere, Signore!

Sii benedetto, Signore,
che provvedi il cibo a ogni essere vivente. 
R.
Sii benedetto, Signore,
che hai messo gli animali a servizio dell'uomo
come aiuto nella fatica quotidiana. 
R.

Sii benedetto, Signore,
che nei gigli dei campi e negli uccelli dell'aria
ci hai dato un segno
della tua bellezza e della tua provvidenza. 
R.

Sii benedetto, Signore,
che nell'Agnello pasquale,
ci hai dato l'immagine del tuo Figlio
nel quale possiamo chiamarci ed essere tuoi figli. 
R.

Sii benedetto, Signore,
che per mezzo degli animali domestici ci doni sollievo e compagnia. 
R.
Sii benedetto, Signore,
per tutte le tue creature
che ci invitano a cantare la tua lode. 
R. _____________________________________________________
1072. Quando si omettono le invocazioni sopra indicate, prima della formula di benedizione, il ministro dice:
Preghiamo.
Tutti pregano per qualche momento in silenzio.   
_____________________________________________________

Segue la preghiera del Signore.

Padre nostro.

PREGHIERA DI BENEDIZIONE
1073. Il ministro, con le braccia allargate se sacerdote o diacono con le mani giunte se laico, pronuncia la preghiera di benedizione.
Dio, fonte di ogni bene,  
che negli animali ci hai dato un segno della tua provvidenza
e un aiuto nella fatica quotidiana,  

per intercessione di san Antonio abate
fa' che sappiamo servirci saggiamente di essi,
riconoscendo la dignità e il limite
della nostra condizione umana.

Per Cristo nostro Signore.
R. Amen.

1075.
 
Quindi il ministro, se lo ritiene opportuno, asperge persone e animali con l'acqua benedetta * dicendo queste parole o altre simili:
Ravviva in noi, o Padre,  
nel segno di quest'acqua benedetta
l'adesione a Cristo,
primizia della creazione nuova
e fonte di ogni benedizione.
CONCLUSIONE

1076.
 
Il ministro conclude il rito dicendo:
D
io, che ha creato gli animali della terra
come aiuto e sostegno nella nostra vita terrena,
ci protegga e ci custodisca sempre.

R. Amen.

1077.
 
Un canto corale può chiudere la celebrazione.

sabato 12 gennaio 2013

Battesimo del Signore, prefazio.


Dopo una lunga assenza, per via dei miei impegni natalizi, ritorno col proporvi due video con l'esecuzione del prefazio della festa del Battesimo del Signore, in italiano e latino. La festa  che celebriamo oggi chiude il tempo di Natale, prima della riforma del Messale di Giovanni XXIII (1962) il tempo di Natale terminava 40 giorni dopo, con la festa dell'Ipapante , la Presentazione al tempio di Gesù.


Latino:



Italiano: