Translate

venerdì 5 ottobre 2012

Santa Ildegarda di Bigen procalmata Santa e Dottore della Chiesa


No, non sono impazzito, avete letto bene !
Santa Ildegarda diverrà santa.
Adesso mi spiego meglio: Santa Ildegarda di Bigen, monaca benedettina che visse in Germania nel XII secolo, era già venerata come Santa, ma il processo di canonizzazione non giunse mai a compimento, il Santo Padre Benedetto XVI, lo scorso 10 maggio ha esteso il suo culto alla Chiesa Universale, iscrivendola nel Catalogo dei Santi, compiendo un atto che prende il nome di "canonizzazione equipollente".

Santa Ildegarda, Domenica 7 ottobre, verrà solennemente proclamata Dottore della Chiesa da papa Benedetto XVI, insieme a San Giovanni D'Avila, sacerdote spagnolo vissuto nel XVI secolo.

Ecco il libretto della celebrazione:http://www.vatican.va/news_services/liturgy/libretti/2012/20121007.pdf

Ed ecco due brevi profili biografici:

Nasce a Bermesheim nel 1098, ultima di dieci figli. Il suo nome di battesimo, tradotto letteralmente, significa «colei che è audace in battaglia». Tra il 1147 e il 1150, sul monte di San Ruperto vicino a Bingen, sul Reno, Ildegarda fonda il primo monastero e, nel 1165, il secondo, sulla sponda opposta del fiume. È una persona delicata e soggetta alle malattie, tuttavia, raggiunge l'età di 81 anni affrontando una vita piena di lavoro, lotte e contrasti spirituali, temprata da incarichi divini. Figura, intellettualmente lungimirante e spiritualmente forte, le sue visioni, trascritte in appunti e poi in libri organici, la rendono celebre. È interpellata per consigli e aiuto da personalità del tempo. Sono documentati i suoi contatti con Federico Barbarossa, Filippo d'Alsazia, san Bernardo, Eugenio III. Negli anni della maturità intraprende numerosi viaggi per visitare monasteri, che avevano chiesto il suo intervento e per predicare nelle piazze, come a Treviri, Metz e Colonia. Muore il 17 settembre 1179. (Avvenire)



Giovanni d’Avila, mistico e scrittore, amico di Sant’Ignazio di Loyola e consigliere di Santa Teresa d’Avila, fu un santo sacerdote assai stimato nella Spagna del XVI secolo. Dopo secoli di oblio, solo la canonizzazione, avvenuta nel 1970 ad opera di Papa Paolo Vi, ha risvegliato un discreto interesse nei suoi confronti. Principale biografo del santo fu Luigi di Granada.
Giovanni nacque nel 1500 ad Almodovar del Campo, in Spagna, un centinaio di chilometri a sud di Toledo. La sua famiglia, di condizioni agiate, era di origini giudaiche. Inviato all’università di Salamanca per studiare diritto, non si sentì però portato per tale genere di studi e, tornato a casa, trascorse tre anni in preghiera e penitenza. Un francescano gli consigliò di studiare filosofia e teologia, come fece presso Alcalà tra il 1520 ed il 1526, sotto la guida di Domenico de Soto. Nel frattempo rimase orfano e, ordinato sacerdote 1525, devolvette ai poveri gran parte della sua eredità. Ottimo predicatore, avrebbe desiderato partire missionario per il Messici, ma l’arcivescovo di Siviglia lo trattenette in patria per predicare in Andalusia.
Per ben nove anni Giovanni d’Avila operò in tale regione, convertendo persone di ogni età e classe sociale e conducendole a notevoli progressi nel loro cammino di fede. Durante la riconquista della penisola iberica operata sotto i “re cattolici” Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia, parecchie conversioni dall’ebraismo e dall’islam furono in realtà solo fittizie, quindi a maggior ragione si rivelarono indispensabili le predicazioni del santo per una piena conversione dei cuori. Dal 1529 al 1538 predicò con strepitoso successo, sino a quando un’immeritata accusa gli fu rivolta dall’Inquisizione, riguardante l’estremo rigore che caratterizzava i suoi insegnamenti sino ad escludere a priori i ricchi dal Regno dei Cieli. Scagionato dalle ingiuste accuse, fu accolto trionfalmente da popolo e riprese la sua attività presso Cordova, Granada e Siviglia.
E’ pervenuto a noi integralmente il suo epistolario spirituale, nonché degli estratti delle sue omelie trascritti dai suoi uditori. Dal 1554 il suo corpo fu segnato dalla malattia, ma nonostante ciò proseguì il suo apostolato sino alla morte, avvenuta presso Montilla il 10 maggio 1569. Questo santo costituisce un raro esempio di valido esponente della controriforma spagnola non appartenuto ad alcun ordine religioso, benché abbia avuto un ruolo determinante nella conversione di San Francesco Borgia e San Giovanni di Dio ed abbia talvolta sognato di poter entrare nella Compagnia di Gesù. Dissuaso in tal proposito proprio dal provnciale dei gesuiti di Andalusia, alla sua morte trovò sepoltura proprio nella chiesa dei gesuiti di Montilla.
I vari aspetti dell’insegnamento di questo santo, oggi candidato al titolo di “Dottore della Chiesa”, possono essere analizzati nel trattato sistematico “Audi filia”, piuttosto che nel suo epistolario spirituale, oppure rintracciandolo negli estratti delle sue prediche. Di questi ultimi riportiamo un esempio, volto a tratteggiare la diversità fra ogni anima: “I corpi degli uomini sono di diversa indole, e c’è grande dissomiglianza nella conformazione delle loro menti, perché Dio ha concesso doni diversi a individui differenti. Non guida tutti nel medesimo sentiero, perciò è impossibile indicare una devozione particolare come la più opportuna. Alcuni non sentono alcuna attrattiva speciale per qualsivoglia forma di devozioneed essi dovrebbero consultare qualcuno [...] così per conoscere se si siano lasciati guidare da una causa d’amore o di timore, di tristezza o di gioia, e come applicare i rimedi più adatti alle loro necessità”.
Questo pare essere uno di quegli eterni insegnamenti già contenuti nella Regola Pastorale del papa San Gregorio Magno. Giovanni d’Avila insiste circa l’unicità della via tracciata da Cristi, valida per tutti: “Cristo di dice che se noi desideriamo unirci a lui, dobbiamo camminare sulla strada che egli ha percorso. Non è sicuramente cosa retta dire che il Figlio di Dio avrebbe camminato nei sentieri dell’ignominia mentre i figli dell’uomo vanno per le vie dell’onore mondano”. Innalza inoltr epreghiere affinchè il suo corrispondente posa gustare “quali tesori nascosti Dio ci elargisce nelle prove delle quali il mondo pensa solo a fuggire”. Similmente sottolinea come coloro i quali “imamginano di ottenere la santità per mezzo della loro sapienza e forza si ritroveranno, dopo molte tribolazioni, fatiche e sforzi gravosi, lontani dal possederla, e questo in proporzione alla loro certezza di averla ottenuta con le proprie forze”.

Nessun commento:

Posta un commento