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sabato 3 marzo 2012

Il nuovo rito delle esequie


La liturgia, culmine e fonte della Chiesa, è un organismo vivente che cresce e si adatta alle mutate condizioni dell'uomo per metterlo in più intimo rapporto con Dio; ciò ha spinto la Conferenza Episcopale Italiana ad arricchire il proprio rituale esequiale, che è stato presentato ieri, 2 marzo 2012 e che entrerà obbligatoriamente in vigore dal 2 novembre 2012.


Introduzione di mons. Domenico Pompili
(Direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e Sottosegretario CEI)

“La celebrazione cristiana dei funerali è celebrazione del mistero pasquale di Cristo Signore” (RP,1). Questa affermazione posta nell’incipit delle Premesse generali al Rito delle esequie è la ragione di un aggiornamento che recepisce i profondi cambiamenti intercorsi nella società e nell’atmosfera culturale, dopo la prima edizione del 1974, sulla base della typica del 1968.

Che cosa è cambiato? La società non è più mortale, anzi “la società post-mortale” ha messo a tacere la morte, grazie alla scomparsa dalla coscienza degli individui di questa esperienza. La spia più intrigante di tale cambiamento è proprio la rimozione della parola morte dal linguaggio corrente al punto che l’eufemismo è diventato il killer della morte.
La morte, in realtà, è rimossa dall'orizzonte della vita quotidiana anche dal punto di vista percettivo mentre proliferano le sue spettacolarizzazioni mediatizzate, che trasformano in fiction anche la violenza reale che genera morte. I malati terminali stanno negli hospice, si muore per lo più in ospedale, ai bambini non si fa vedere la salma dei nonni perchè potrebbe turbarli, e così si resta analfabeti e muti di fronte a un evento che è parte della vita, sia perchè inevitabile, sia perchè contribuisce a definirne il senso, a riordinare le priorità, a non confondere mezzi e fini, a vivere con pienezza, come un dono, ogni giorno che ci è regalato.
In un orizzonte immanente la morte è un fatto privato per le persone "comuni" o pubblico per le celebrità: un evento che si affronta in solitudine, senza strumenti di rielaborazione, perchè il linguaggio della contemporaneità li ha cancellati dal suo vocabolario; oppure un evento che si consuma sotto i riflettori,  un "media event" che fa notizia per un paio di giorni e regala un po' di visibilità a qualche personaggio, o produce un po' di "retorica della pietà a distanza", come la chiamava Boltanski, ma che non aiuta chi resta a elaborare il "passaggio".



Una delle novità più vistose riguarda l'Appendice che riporta i riti esequiali in caso di cremazione: esequie nella Liturgia della Parola prima della cremazione, la preghiera nel luogo della cremazione, esequie dopo la cremazione, preghiere per la deposizione dell'urna cineraria ( ciò indica che le ceneri andranno poste nel cimitero, non sparse in natura, nè conservate in casa). La cremazione era già stata concessa tranne nei casi in cui il gesto richiamasse un gesto di sprezzo alla Chiesa o postulasse atteggiamenti panteistici o materialistici.

Altre novità sono la possibilità di cantare o recitare le litanie dei santi nella processione dalla casa alla chiesa e dalla chiesa al cimitero, una più varia proposta di esortazioni per introdurre il rito dell’ultima raccomandazione e commiato. Un rito che, come si legge nelle Premesse Generali, costituisce l’ultimo saluto rivolto dalla comunità cristiana a un suo membro prima che sia portato alla sepoltura. Ora vengono offerte dodici proposte di esortazione che possono essere lette o adattate. La conclusione della Messa esequiale con la benedizione finale, non il congedo, però, se il sacerdote o il diacono accompagnano il feretro al cimitero                  (in tal caso, il celebrante dice: Benediciamo il Signore), la soppressione delle esequie nella casa del defunto (ciò mette in luce come l'evento della morte sia comune a tutti gli uomini e debba essere vissuto attivamente da tutta la comunità dei credenti in Cristo Risorto).


Fra le novità più importanti annovererei, oltre il rito per chi ha scelto la cremazione, la visita alla famiglia del defunto,un paragrafo non presente nell’edizione latina del 1969 e nemmeno in quella italiana del 1974. La premessa a tale momento di preghiera ne evidenzia il motivo e l’importanza (n. 26). Il primo incontro con la famiglia è un momento particolarmente significativo e carico di emozione. Diventa infatti per il parroco un momento di condivisione del dolore, di ascolto dei familiari colpiti dal lutto, di conoscenza di alcuni aspetti della vita della persona defunta in vista di un corretto e personalizzato ricordo durante la celebrazione delle esequie. In alcuni casi può essere anche un momento per preparare o indicare il senso dei vari riti esequiali.

Altra importante innovazione è la preghiera alla chiusura della bara; il paragrafo precedentemente chiamato «Preghiera per la deposizione del corpo del defunto nel feretro» diventa ora «Preghiera alla chiusura della bara». La sequenza rituale è stata rivista e arricchita. Si vuole sottolineare e leggere alla luce della parola di Dio e della speranza cristiana un momento molto delicato e doloroso quale quello della chiusura della bara, quando il volto del defunto scompare per sempre dalla vista dei familiari.

Un grande ringraziamento va alla Conferenza Episcopale Italiana per questo gioiellino della liturgia, e a quanti ne hanno curato la realizzazione.

Io l'ho già ordinato e non vedo l'ora di averlo fra mano per poterne fare uno studio più approfondito; ai parroci ricordo che può utilizzarsi da subito e sarà obbligatorio dal prossimo 2 novembre.


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